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Intervista a Cristina Gentile – Senior Real Estate Advisor Hospitality

In un momento storico in cui il mondo dell’hotellerie di lusso si trova a un bivio tra standardizzazione globale e personalizzazione autentica, l’Italia rappresenta una voce unica e sempre più attrattiva. Qui, il concetto di lusso non è mai stato solo legato all’opulenza, bensì ad una forma raffinata e culturale di esperienza, che oggi evolve ancora: verso l’identità, il rispetto del contesto e l’eccellenza relazionale.

Abbiamo chiesto a Cristina Gentile, Senior Real Estate Advisor Hospitality, di guidarci nella lettura di questi cambiamenti. Con una carriera che unisce visione strategica, esperienza operativa sul campo e una profonda conoscenza del valore – economico e umano – degli asset alberghieri, Gentile è oggi punto di riferimento per investitori, operatori e proprietari che vogliono non solo vendere, acquistare o affittare una struttura, ma valorizzarla nel tempo.


D. Cristina, partiamo dall’elemento più distintivo del nostro Paese: come si sta trasformando oggi il concetto di hotellerie di lusso in Italia?

“Il concetto di lusso vive oggi un’importante evoluzione. Non parliamo più di eccessi, ma di sobrietà colta, di eleganza pacata. Il nuovo lusso è silenzioso, integrato nel contesto architettonico, rispettoso della storia del luogo. Alcune strutture, soprattutto quelle a conduzione familiare tramandate da generazioni, incarnano perfettamente questo paradigma: luoghi in cui l’ospite si sente parte di un racconto, non solo di un soggiorno.”

“Anche le grandi catene internazionali stanno cambiando rotta. Pur mantenendo necessari standard globali, puntano oggi su format che valorizzano l’unicità. In Italia, dove ogni edificio ha una sua anima, ogni vista racconta una storia e ogni tavola riflette la cultura locale, l’autenticità è l’elemento chiave per attrarre un turismo premium, sempre più esigente, colto e attento.”

Questa transizione è parte di un trend più ampio che sta ridefinendo il settore dell’hospitality di lusso: la “luxury experience” non è più una questione di comfort, ma di significato. L’ospite cerca luoghi che lo rappresentino, che parlino alla sua dimensione emozionale e valoriale. In questo, l’Italia ha un posizionamento naturale fortissimo – a condizione che sappia raccontarlo.


D. L’Italia resta al vertice delle mete globali, ma quali sono oggi le aree che attirano l’attenzione degli investitori e degli operatori internazionali?

“L’Italia è stata tra le prime destinazioni mondiali anche nel 2024, con un giro d’affari da 220 miliardi di euro – oltre il 10% del nostro PIL. Il brand ‘Italia’ è fortissimo, ed è costruito su un sistema complesso di eccellenze: arte, design, moda, enogastronomia, paesaggi, ospitalità. Ma oggi le grandi città – Roma, Milano, Firenze, Venezia – e le località iconiche come Portofino o Capri soffrono di overtourism e prezzi inaccessibili. Così, l’interesse si sposta su destinazioni nuove o da riscoprire.”

“Penso a Trieste, Padova, Verona, Torino lungo l’asse nord-est. A Napoli, Bologna, Palermo, Bari e Lecce. Le coste di Puglia, Sicilia, Sardegna, Toscana. Ma anche i borghi: ricchi di storia, tradizioni e possibilità di sviluppo. Luoghi dove si può ancora costruire valore, anche grazie a politiche di rigenerazione urbana e incentivi per l’investimento.”

La riscoperta di questi territori porta con sé una nuova idea di turismo: più lento, più sostenibile, più integrato. Ed è qui che emergono opportunità per operatori e fondi che vogliono investire in Italia: hotel che diventano destinazioni esperienziali, residenze di charme, relais con vocazione territoriale, in cui il ritorno economico è strettamente legato alla narrazione del luogo.


D. Dal punto di vista tecnico e strategico, cosa incide davvero sul valore di un hotel oggi?

“Molti pensano che il valore di un hotel dipenda solo dalla location o dalla struttura fisica. In realtà, il vero driver è la gestione. Una buona gestione crea ricavi, reputazione, fedeltà del cliente. In alcune operazioni, ho affiancato proprietà inizialmente orientate alla vendita ma con una gestione in sofferenza: abbiamo scelto di affittare l’azienda a operatori solidi, riorganizzare i processi, migliorare la marginalità. Dopo un paio d’anni, in alcuni casi si è venduto a un valore più alto – spesso al gestore stesso – ed in altri, la proprietà ha deciso di non vendere più, mantenendo dunque l’immobile a reddito”.

“C’è poi un tema che non va sottovalutato: il fattore emotivo. Gli hotel storici di famiglia sono carichi di ricordi. Ma la componente affettiva, per quanto comprensibile, può allontanare dal valore reale. Ed è su questo punto che serve affiancare il venditore con trasparenza, sensibilità e una visione orientata al mercato.”

Per investitori e family office, quindi, l’opportunità non è solo nell’acquisto, ma nella valorizzazione dell’asset attraverso la gestione, il branding, il riposizionamento e la reputazione. Una logica che unisce immobiliare e impresa, e che richiede competenze trasversali: marketing, finanza, design, relazione con il territorio.


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Conclusione: investire nella bellezza richiede metodo

Il settore alberghiero italiano non è solo un’industria del turismo: è una leva culturale ed economica di lungo periodo. Valorizzare un hotel significa comprendere il suo potenziale identitario, la sua capacità di dialogare con un pubblico globale e il suo ruolo nel tessuto economico locale.

Cristina Gentile, con la sua visione integrata e il suo approccio consulenziale, rappresenta oggi una figura chiave per chi vuole fare operazioni strategiche nel mondo dell’hotellerie di lusso, unendo risultati economici a una narrazione autentica.

In un Paese in cui ogni angolo può diventare destinazione, il vero vantaggio competitivo è saper costruire valore senza perdere l’anima.


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